Tribunale di Bologna, Sentenza 27.06.2023
Interessante sentenza del Tribunale bolognese in merito alla riproposizione del patto di prova in caso di cessione del rapporto di lavoro per cambio di appalto.
Il Tribunale di Bologna affermai i seguenti principi:
- “Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, deve ritenersi – in linea generale – illegittima la reiterazione di un patto di prova in contratti successivi, laddove il lavoratore abbia già superato positivamente il precedente periodo di prova per le medesime mansioni. In tal caso, essendo già stato positivamente esperito il periodo di prova, quest’ultimo deve ritenersi geneticamente privo di causa. Ciò viene ulteriormente esteso anche ai casi di successioni di appalto, in conseguenza dei quali il lavoratore passa, senza soluzione di continuità – sulla base di clausole sociali contenute nei contratti collettivi a garanzia della stabilità del lavoro o in attuazione del disposto di cui all’art. 2112 c.c. – da un datore di lavoro ad un altro, in esecuzione delle medesime mansioni”;
- “Tale principio trova, tuttavia, un temperamento. I giudici di legittimità hanno, infatti, riconosciuto la legittimità di un patto di prova reiterato da successivi datori di lavoro laddove – anche indipendentemente dall’identità delle mansioni svolte – vi sia l’esigenza per il nuovo datore di lavoro di valutare non solo le capacità professionali del lavoratore ma anche la personalità dello stesso nel complesso: “Questa corte ha avuto occasione di chiarire che “Nel lavoro subordinato, il patto di prova tutela l’interesse di entrambe le parti a sperimentarne la convenienza, sicché è illegittimamente stipulato ove la suddetta verifica sia già intervenuta, con esito positivo, per le stesse mansioni e per un congruo lasso di tempo. Ne consegue che la ripetizione del patto di prova in successivi contratti di lavoro tra le medesime parti è ammissibile solo se, in base all’apprezzamento del giudice di merito, vi sia la necessità per il datore di lavoro di verificare, oltre alle qualità professionali, anche il comportamento e la personalità del lavoratore in relazione all’adempimento della prestazione, trattandosi di elementi suscettibili di modificarsi nel tempo per molteplici fattori, attinenti alle abitudini di vita o a problemi di salute (Cass. n. 15059/015)”.
Dunque, allorquando il datore di lavoro riesca a dimostrare che la reiterazione del patto di prova sarebbe servita per valutare non solo le qualità professionali ma anche altri aspetti del lavoratore quali il comportamento e la personalità, trattandosi di elementi suscettibili di modificarsi nel tempo per molteplici fattori, attinenti alle abitudini di vita o a problemi di salute, il patto di prova risulta legittimamente apposto.
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